I NUMERI DI FIBONACCI Nel 1223 a Pisa, l'imperatore Federico II di Svevia, fu ben felice di assistere a un singolare torneo tra abachisti e algoritmisti, armati soltanto di carta, penna e pallottoliere. In quella gara infatti si dimostrò che col metodo posizionale indiano appreso dagli arabi si poteva calcolare più velocemente di qualsiasi abaco. Il test era il seguente: "Quante coppie di conigli si ottengono in un anno -salvo i casi di morte- supponendo che ogni coppia dia alla luce un'altra coppia ogni mese e che le coppie più giovani siano in grado di riprodursi già al secondo mese di vita?". Un pisano, Leonardo, detto Bigollo, conosciuto anche col nome paterno di "fillio Bonacci" o Fibonacci, vinse la gara. Figlio d'un borghese uso a trafficare nel Mediterraneo, Leonardo visse fin da piccolo nei paesi arabi e apprese i principi dell'algebra, il calcolo, dai maestri di Algeri, cui era stato affidato dal padre, esperto computista. Più tardi, sempre esercitando la mercatura, Leonardo viaggiò in Siria, Egitto, Grecia, conoscendo i massimi matematici musulmani. Da queste esperienze nacque il Liber Abaci , un colossale trattato che dischiuse all'Occidente i misteri delle nove "figure" indiane e del segno sconosciuto ai greci e ai latini, "quod arabice zephirum appellantur", che indica un numero vuoto come un soffio di vento: zefito appunto, zefr, o zero. | |
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